Il Tribunale Amministrativo Regionale per  la  Calabria,  Sezione
Staccata di Reggio Calabria, ha pronunciato la presente Ordinanza sul
ricorso numero di registro generale 605 del 2014, integrato da motivi
aggiunti, proposto da: 
        Associazione Dacci Una Zampa Onlus,  in  persona  del  legale
rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv.  Maria  Letizia
Monterosso, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultima  in
Reggio Calabria, via Santa Lucia n. 4/C; 
    Contro  Comune  di  Reggio  Calabria,  in  persona   del   legale
rappresentante p.t.,  rappresentato  e  difeso  dagli  avv.ti  Emidio
Morabito e Fedora Squillaci, con domicilio eletto in Reggio Calabria,
via S. Anna II Tr. - Palazzo Cedir; 
    Nei confronti di  Associazione  Aratea,  in  persona  del  legale
rappresentante  p.t.,  rappresentata  e  difesa   dall'avv.   Giorgio
Vizzari, con domicilio eletto presso lo  studio  di  quest'ultimo  in
Reggio Calabria, via Rausei n. 38; 
    Per l'annullamento  del  provvedimento  n.  309/14  G.P.  del  16
dicembre 2014 con cui la Commissione per il patrocinio a spese  dello
Stato, sedente presso questo Tribunale, ha deliberato di rigettare la
richiesta dell'Associazione «Dacci una Zampa» ONLUS di ammissione  al
gratuito patrocinio. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nella Camera di consiglio del giorno 9  aprile  2015  la
dott.ssa Donatella Testini e uditi per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    Con provvedimento  n.  309/14  G.P.  del  16  dicembre  2014,  la
Commissione per il patrocinio a spese  dello  Stato,  sedente  presso
questo Tribunale, ha deliberato di  rigettare,  poiche'  «difetta  il
requisito previsto dall'art. 119 del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n.  115/2002  inerente  il  non  esercizio  dell'attivita'
economica» , la richiesta dell'Associazione «Dacci una  Zampa»  ONLUS
di ammissione al gratuito patrocinio. 
    Avverso tale atto, l'interessata ha proposto  reclamo  dinanzi  a
questo Collegio, ai sensi dell'art. 126,  terzo  comma,  decreto  del
Presidente della  Repubblica  n.  115/2002,  lamentando  l'erroneita'
dell'esclusione in quanto «non ha mai esercitato attivita'  economica
e non e' certo che mai l'esercitera'». 
    Il mancato  esercizio  di  attivita'  economica,  a  detta  della
reclamante,  si  evincerebbe  dalle  seguenti  circostanze,  che   si
espongono in via di sintesi. 
    a) l'associazione, nel rispetto dei principi sanciti dalla  legge
quadro sul volontariato n. 166 del 1991, non persegue scopo di lucro:
l'art. 23 dello Statuto  pone  il  divieto  di  distribuzione,  anche
indiretta, di  utili  o  avanzi  di  gestione,  comunque  denominati,
nonche' fondi, riserve o capitale, durante la vita  dell'associazione
e fa obbligo alla stessa di impiegare  gli  utili  o  gli  avanzi  di
gestione per la realizzazione  delle  attivita'  istituzionali  e  di
quelle ad esse connesse ed accessorie; 
    b) L'associazione deve qualificarsi  alla  stregua  di  ente  non
commerciale  ai  sensi  dell'art.  148  del  T.U.I.R.  (decreto   del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917); 
    c) l'aver partecipato alla gara per l'affidamento del servizio di
gestione  del  canile  comunale  di  Mortara  «non  fa  della  stessa
un'associazione che esercita attivita' economica anzitutto poiche' la
stessa non e' risultata assegnataria della gara e inoltre, in caso di
esito positivo del ricorso, la stessa  si  troverebbe  ad  esercitare
comunque  un'attivita'  considerata  marginale  rispetto  allo  scopo
sociale»; inoltre, dalla proposta tecnica di gestione presentata,  si
evincerebbe che «la stessa ha inteso  partecipare  senza  discostarsi
... dai dettami della legge 266/1991, infatti per alcuno dei  servizi
e  delle  attivita'  espletate  all'interno  della  struttura   viene
previsto un corrispettivo e viene previsto  l'utilizzo  di  personale
volontario coperto  esclusivamente  dalla  polizza  assicurativa  sul
volontariato. 
    E' previsto infatti che  le  somme  di  cui  alla  base  di  gara
verranno esclusivamente utilizzate per  far  fronte  all'espletamento
del servizio di cui al bando di gara con  esclusione  pertanto  della
possibilita' di  percepire  utili.  In  ogni  caso  seppur  dovessero
residuare degli utili  e'  espressamente  esclusa  dallo  statuto  la
distribuzione  degli  stessi  con  obbligo  per   l'associazione   di
impiegare gli utili o gli avanzi di  gestione  per  la  realizzazione
delle  attivita'  istituzionali  e  di  quelle  ad  esse  connesse  e
accessorie». 
    Parte  reclamante  deposita,  al  fine  della  dimostrazione  del
rispetto dei limiti di reddito richiesti dall'art. 74 del decreto del
Presidente  della  Repubblica  n.  115/2002,  un  «Rendiconto  2013»,
sottoscritto dal legale rappresentante,  nel  quale  si  dichiara  un
patrimonio pari a zero. 
    Tanto premesso in fatto, si osserva quanto segue in diritto. 
    Dacci una Zampa ONLUS e' un organismo di volontariato ex legge n.
266/1991, costituitosi in forma di associazione non  riconosciuta  il
13 maggio 2010 per atto rep. n. 6760 del Notar Alessandra Maltese  in
Reggio Calabria. 
    Emerge  ex  actis  l'iscrizione  dell'associazione  nel  Registro
provinciale delle organizzazioni di volontariato di  cui  all'art.  6
della legge n. 266/1991 e la conseguente qualifica di ONLUS ai  sensi
dell'art. 10, ottavo comma, decreto legislativo n. 460/1997. 
    Deve  immediatamente  chiarirsi  che,   vertendo   la   questione
sull'interpretazione ed applicazione dell'art. 119  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 115/2002, e' inconferente qualsivoglia
richiamo  sia  alla  disciplina  tributaria  e,  segnatamente,   alla
definizione  di  ente  non  commerciale  di  cui  al  T.U.I.R.,  come
prospettato dalla ricorrente, che alla legge quadro sul  volontariato
ed  al  decreto  legislativo  n.  460/1991  in  materia   di   ONLUS,
provvedimenti, questi  ultimi,  che  non  incidono  sulla  disciplina
civilistica degli enti operanti  nel  terzo  settore,  limitandosi  a
prevedere tutta una serie di meccanismi di promozione  (fra  i  quali
anche agevolazioni fiscali) a favore degli stessi, in  considerazione
della rilevanza sociale  dell'attivita'  svolta  e  dell'idoneita'  e
meritevolezza degli stessi a svolgerla. 
    La disciplina contenuta  nella  Parte  III  del  Testo  Unico  in
materia  di  Spese  di  Giustizia  (decreto  del   Presidente   della
Repubblica 30 maggio 2002 n. 115) regola il «Patrocinio a spese dello
Stato» che e' diretta attuazione del diritto di azione  e  difesa  in
giudizio  costituzionalmente  garantito  dall'art.  24, terzo  comma,
Cost. Trattasi di  un  diritto  fondamentale  che  non  puo'  affatto
assimilarsi ai meccanismi di agevolazione fiscale e di promozione  in
senso lato riconosciuti alla variegata pluralita'  di  enti  operanti
nel terzo settore e, comunque, agli enti c.d. non commerciali di  cui
al T.U.I.R., da altre branche dell'ordinamento. 
    Ne deriva che al fine della delimitazione dell'ambito  soggettivo
di applicazione  del  patrocinio  a  spese  dello  Stato  deve  farsi
riferimento alla sola disciplina civilistica. 
    D'altro  canto,  l'art.  73  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 115/2002 richiama il T.U.I.R. al solo fine di calcolare
i limiti reddituali. 
    L'art. 119 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/02,
rubricato «Equiparazione dello  straniero  e  dell'apolide»,  dispone
testualmente che «Il trattamento previsto per il  cittadino  italiano
e' assicurato, altresi', allo straniero regolarmente soggiornante sul
territorio nazionale al momento del sorgere del rapporto o del  fatto
oggetto del processo da instaurare e all'apolide, nonche' ad  enti  o
associazioni che non perseguono  scopi  di  lucro  e  non  esercitano
attivita' economica». 
    Affinche'  un  ente,  sia   esso   di   natura   corporativa   od
istituzionale, possa  essere  ammesso  al  c.d.  gratuito  patrocinio
(naturalmente  purche'  sussistano  anche  le  ulteriori   condizioni
previste dalla legge ovvero il rispetto dei limiti  reddituali  e  la
non  manifesta  infondatezza  della  pretesa)  non   e'   sufficiente
l'assenza dello scopo di lucro, ma e' altresi' necessario che  l'ente
non profit non eserciti attivita' economica. 
    La distinzione tra i due concetti e' ormai pacifica: lo scopo  di
lucro o metodo lucrativo di esercizio dell'attivita'  ricorre  quando
le  modalita'  di  gestione  tendono  alla  realizzazione  di  ricavi
eccedenti i costi; il metodo  economico  ricorre  quando  le  ridette
modalita' di gestione tendono alla copertura dei costi con i ricavi. 
    Questo  significato  dell'espressione  «attivita'  economica»  e'
chiaramente presente agli aziendalisti, che su  di  esso  fondano  la
distinzione tra aziende di produzione e aziende di erogazione. 
    Non puo' qualificarsi come economica l'attivita'  che  si  svolge
strutturalmente e necessariamente in perdita; mentre svolge attivita'
con metodo economico  il  soggetto  che  eroga  servizi  di  utilita'
sociale anche se ispirato da un fine ideale ed anche se le condizioni
di mercato non gli consentono poi di remunerare, in fatto, i  fattori
produttivi, che ben possono essere  rappresentati  dalle  prestazioni
spontanee e gratuite degli aderenti all'associazione di volontariato. 
    Nel caso di specie e' indubbio, alla stregua dell'art.  23  dello
Statuto, che l'Associazione Dacci una Zampa  non  persegua  scopi  di
lucro, bensi' la finalita' ideale di  «agire  attivamente  in  difesa
degli animali e dei loro diritti e sensibilizzare l'opinione pubblica
e promuovere una cultura del rispetto che riconosca gli animali  come
soggetti   di   diritti»,   essendo   statutariamente   vietata    la
distribuzione di utili, anche in forma indiretta. 
    L'Associazione, al contrario, non ha dimostrato di  non  svolgere
attivita'  economica,  dal  che'  e'  scaturito   il   normativamente
necessitato rigetto dell'istanza di ammissione qui reclamato. 
    Ritiene il Collegio che non si  tratti  tanto  di  analizzare  le
entrate dell'Associazione bensi' di prendere atto  della  circostanza
che non e' affatto provato che l'Associazione non intenda prestare  i
servizi che si  prefigge  di  erogare  (elencati  nell'art.  4, terzo
comma, dello Statuto) tendendo al pareggio fra costi e ricavi; ricavi
che ben possono essere conseguiti non  necessariamente  a  titolo  di
corrispettivo  delle   prestazioni   rese   (che   pure   non   viene
esplicitamente  escluso)  bensi'  in  ragione  di  tutte  le  entrate
indicate dall'art. 22 dello Statuto. 
    La reclamante, peraltro, ha depositato in giudizio un  rendiconto
che fa  presumere  l'idoneita',  almeno  tendenziale,  dell'attivita'
esercitata a  perseguire  il  pareggio  di  bilancio,  effettivamente
conseguito nell'anno 2013, proprio in ragione, pare, di una dilazione
dei pagamenti dovuti ai fornitori; dilazione che  non  avrebbe  avuto
senso alcuno ove fossero gli associati od altri donatori a coprire le
relative spese sostenute dall'associazione; associazione che, dunque,
alla stregua di autonomo soggetto di diritto, tende  al  pareggio  di
bilancio. 
    De iure condito, in definitiva, non v'e' spazio per scrutinare la
sussistenza degli  ulteriori  requisiti  di  ammissione  al  gratuito
patrocinio:   non   essendovi   prova   dell'assenza   di   esercizio
dell'attivita' economica, l'ente non profit Dacci una Zampa ONLUS non
rientra fra i soggetti legittimati all'ammissione. 
    Il Collegio, tuttavia, dubita della  legittimita'  costituzionale
dell'art. 119 in parte qua in quanto preclude l'accesso  al  gratuito
patrocinio ad un ente non profit che svolge  un'attivita'  di  sicuro
rilievo sociale solo poiche' esercente un'attivita' economica. 
    La norma in questione si pone in contrasto con gli artt. 2,  3  e
24 della Costituzione. 
    E' indubbio che le associazioni di volontariato, e gli  enti  non
profit in  generale,  siano  formazioni  sociali  ove  si  svolge  la
personalita' dell'uomo ed alle quali l'art. 2 della Costituzione,  in
ragione del principio pluralista, riconosce la titolarita' di diritti
inviolabili;  cosi'  tutelando  l'homme  situe'  ossia  l'uomo  nelle
formazioni sociali, garantendo alle stesse i medesimi  diritti  degli
individui. 
    Vi  e'  dunque  una  grave  ed   ingiustificata   disparita'   di
trattamento, con conseguente violazione del principio di  uguaglianza
formale e sostanziale di  cui  all'art.  3  della  Costituzione,  nel
consentire l'accesso al gratuito patrocinio ad una persona fisica che
eserciti  attivita'  economica  e  non  ad  un  ente,  con  ulteriore
violazione del diritto inviolabile di  azione  e  di  difesa  di  cui
all'art. 24 Cost. 
    Mentre e' ragionevole escludere gli  enti  che,  perseguendo  uno
scopo di lucro, assumono istituzionalmente il rischio delle  perdite,
non lo e' escludere enti che non perseguono  un  siffatto  scopo  pur
esercitando attivita' economiche e  che,  proprio  in  ragione  della
meritevolezza degli scopi sociali perseguiti, dall'inizio degli  anni
Novanta sono  stati  destinatari  di  interventi  normativi  volti  a
promuoverli e sostenerli mediante la previsione di benefici  fiscali,
di contributi pubblici, della possibilita' di  stipulare  convenzioni
con la p.A. per la gestione di servizi di pubblico interesse ecc... 
    Si pensi, ad esempio,  alla  legge  quadro  sul  volontariato  n.
266/1991; alla  legge  n.  381/1991  sulle  cooperative  sociali;  al
decreto legislativo n. 460/1997 sulle ONLUS; alla legge  n.  383/2000
che disciplina le c.d. associazioni di promozione sociale; al decreto
legislativo n. 155/2006 sulle imprese sociali. 
    D'altro canto ogni organizzazione stabile mira  al  pareggio  tra
entrate ed uscite, che se cosi' non fosse metterebbe a repentaglio la
sua stessa perdurante esistenza. 
    A ben vedere, l'assenza di  gestione  dell'attivita'  con  metodo
economico  puo'  riscontrarsi  solo  con   riferimento   a   soggetti
collettivi caratterizzati da episodicita', con conseguente esclusione
della moltitudine di organismi operanti nel terzo settore. 
    La violazione del principio di uguaglianza, infine,  si  apprezza
anche in ragione della ingiustificata disparita' di  trattamento  tra
gli organismi di volontariato che esercitano  attivita'  economica  e
quelli che non la esercitano, vieppiu' ove si  consideri  che  e'  il
Legislatore stesso  a  ritenere  che,  ove  si  tratti  di  attivita'
commerciali e produttive marginali (cfr. art. 5, primo  comma,  lett.
g), esse non incidono in alcun modo sulla disciplina giuridica  degli
stessi. 
    Conclusivamente  il  Collegio,  per  le  ragioni  sopra  esposte,
solleva questione  di  costituzionalita'  dell'articolo  119,  ultima
parte, del decreto del Presidente della Repubblica  n.  115/2002  per
violazione degli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione. 
    Deve essere sospesa ogni decisione sulla  presente  controversia,
dovendo  la  questione  essere  demandata  al  giudizio  della  Corte
costituzionale.